sabato 19 gennaio 2013

Tecnologie del potere: Macchina molare paranoica







La libido, il flusso intensivo originario, produttivo e desiderante, può essere organizzato secondo due modalità: “molare o molecolare. L'ordine molare corrisponde alle stratificazioni che delimitano gli oggetti, i soggetti, le rappresentazioni e i loro sistemi di riferimento. L'ordine molecolare, al contrario, riguarda i flussi, i divenire, le transizioni di fase, le intensità”[1]. In altre parole la macchina molare spezza in segmenti il flusso molecolare [2], ripiega la produzione della macchina desiderante sul piano del rappresentativo immaginario e delle strutture. Assoggettamento e burocratizzazione sono alcuni dei prodotti di questa macchina che misconosce e reprime il desiderio, ma la molarità è ovunque ci sia una gregarietà totalitaria, ovunque grandi macchine tecnologiche o istituzionali operino un'unificazione delle forze molecolari. Le più grandi unità prodotte da queste macchine molari sono quella biologica della species e quella strutturale del socius che formano l'unità dell'organismo sociale vivente.

L'opposizione tra molecolare e molare è la stessa che c'è tra schizofrenia e paranoia, queste ultime sono prima di tutte determinazioni sociali e politiche, la loro accezione strettamente psichiatrica ne è solo una derivata. In termini generali la linea molare paranoica e fascista va verso i fenomeni di folla, dei grandi insiemi, fa della macrofisica. Al contrario la linea molecolare schizofrenica e rivoluzionaria si addentra nelle singolarità, nelle molecole che non obbediscono più alle leggi statistiche, fa della microfisica. Il primo è un investimento di gruppo assoggettato che reprime e rimuove il desiderio dei soggetti; il secondo è un investimento di gruppo soggetto che mantiene il desiderio come fenomeno molecolare, come flusso, in opposizione agli insiemi e alle identità individuali. Naturalmente i gruppi assoggettati comprendono anche i dominanti e i padroni che ci sono al loro interno, “la gerarchia, l'organizzazione verticale o piramidale che li caratterizza è fatta per scongiurare ogni possibile iscrizione di non-senso, di morte o di esplosione; per impedire lo sviluppo di rotture creatrici, per assicurare i meccanismi di autoconservazione fondati sull'esclusione degli altri gruppi, il loro centralismo opera per strutturazione, totalizzazione, unificazione”[3]. I gruppi soggetto sono rivoluzionari perché rispetto a questo sistema tracciano delle linee di fuga attive e positive, restituiscono il potere di trasformare il reale alle macchine desideranti e permettono la formazione di un campo sociale di vero desiderio. La schizofrenia diventa una malattia solo nel momento in cui viene arrestata e viene repressa la macchina desiderante, altrimenti è la produzione desiderante stessa ad essere schizofrenica, proprio in quanto traccia queste linee di fuga. Il socius, in quanto macchina e sistema molare, codifica i flussi del desiderio, li regola e canalizza, li registra e iscrive in vari modi; di contro “lo schizo dispone di modi di orientazione che gli son propri, perché dispone innanzitutto d'un codice di registrazione particolare che non coincide col codice sociale o non coincide con esso se non per farne la parodia. Il codice delirante, o desiderante, presenta una straordinaria fluidità. Si direbbe che lo schizofrenico passi da un codice all'altro, che confonda tutti i codici”[4].

Nel corso della storia dell'uomo si sono susseguite diverse macchine sociali molari, diverse strategie di potere e tecnologie di dominio. Le macchine sociali precapitalistiche, creando e applicando un socius, vincono la paura e l'angoscia dei flussi del desiderio codificandoli. La società primitiva iscrive il desiderio sul corpo della terra: la macchina territoriale primitiva codifica i flussi contrassegnando i corpi come appartenenti alla terra, ogni individuo ha il corpo marcato e ricondotto in ogni sua funzione alla collettività. La società barbarica invece iscrive il desiderio in modo paranoico sul corpo del despota: la macchina dispotica deterritorializza il desiderio dal codice territoriale solo per surcodificarne immediatamente i flussi nel grande significante incarnato dal despota, dallo stato, dalla legge e dall'interdetto.

La società capitalistica iscrive il desiderio sul corpo del capitale-denaro: i flussi vengono prima decodificati, deterritorializzati, e subito assiomatizzati. A differenza della surcodificazione dispotica, nello stato regolatore capitalistico l'iscrizione e la repressione non si applicano più sui corpi e sulle persone, perché al contrario le precedono. La persona individuale ha “un ruolo d'applicazione, e non più d'implicazione in un codice”[5], è privata e individualizzata nella misura in cui deriva dalle quantità astratte, sono queste ultime ad essere marcate al suo posto, così prima dell'individuo vengono il suo capitale o la sua forza-lavoro, e solo tramite questi egli trova il suo posto nell'apparato tecnico e di conseguenza nella società. I pezzi di questa macchina sociale molare non sono più i corpi degli uomini, divenuti appendici delle macchine tecniche, ma le macchine tecniche stesse. La macchina capitalistica all'idea stessa di codice ha sostituito un'assiomatica delle quantità astratte che necessita piuttosto di una decodificazione e deterritorializzazione del socius. Ma il capitalismo, lungi dal liberare realmente le macchine desideranti instaura un assoggettamento senza precedenti, perché “non c'è più neppure padrone; solo degli schiavi, ora, comandano agli schiavi e non c'è più bisogno di caricare l'animale dall'esterno, dato che si carica da sé. Non che l'uomo sia mai schiavo della macchina tecnica; ma schiavo della macchina sociale sì e il borghese ne dà l'esempio, il borghese che assorbe il plusvalore a fini che, nel loro insieme, non han nulla a che vedere col suo godimento: più schiavo dell'ultimo degli schiavi, primo servo della macchina affamata, bestia da riproduzione del capitale, interiorizzazione del debito infinito. Anch'io sono schiavo, ecco le parole del nuovo padrone”[6].


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1 F. GUATTARI, Piano per il pianeta. Capitale mondiale integrato e globalizzato, Verona, Ombre corte, 1997
2 Cfr. M. GUARESCHI, Deleuze e Guattari: cartografi di contrade a venire, in G. Deleuze e F. Guattari, Mille piani, Roma, Castelvecchi, 2003, p. 20: “Ogni aggregato sociale si compone di segmenti e flussi, di flussi che sfuggono e di segmenti, organizzati lungo linee molari, che li bloccano. Il livello molare (stato, ceto, nazione o classe per esempio) opera per linee di codificazione binaria che rallentano e irrigidiscono i flussi e i vortici molecolari stratificandoli in strutture segmentarie. I flussi a loro volta investono con il loro procedere molecolare le sedimentazioni e cristallizzazioni molari, provocando oscillazioni, slittamenti, fratture e riconfigurazioni. I due livelli, ovviamente, sono inestricabilmente connessi: un flusso passa sempre fra due segmenti, i segmenti, da parte loro, per cristallizzare necessitano dell'apporto energetico dei flussi”.
3 G. DELEUZE, Tre problemi di gruppo, in L'isola deserta e altri scritti, Testi e interviste 1953-1974, Torino, Einaudi, 2007, p. 250.
4 G. DELEUZE e F. GUATTARI, L'Anti-Edipo, Torino, Einaudi, 2002, p. 17.
5 Ivi, p. 286.
6 Ivi, p. 289


giovedì 3 gennaio 2013

Tecnologie del potere: Società di controllo






La storia recente, soprattutto dall'età classica, è la storia di una normalizzazione. Come emerge dalla genealogia di Foucault, dal XVIII secolo la funzione più importante del potere non è più di uccidere ma di investire la vita totalmente, attraverso le regolazioni della popolazione e le discipline del corpo: “la vecchia potenza della morte in cui si simbolizzava il potere sovrano è ora ricoperta accuratamente dall'amministrazione dei corpi e dalla gestione calcolatrice della vita” [1]. Si tratta di una nuova tecnologia del potere funzionale allo sviluppo del capitalismo, una bio-politica [2] che, agendo per mezzo della biologia sulla specie e per mezzo dell'anatomia sull'individuo e le sue attività del corpo, ha permesso e ottimizzato l'adattamento dei fenomeni di popolazione ai processi economici e l'inserimento controllato dei corpi nell'apparato di produzione.

Queste tecniche di potere inventate nel XVIII secolo sono presenti a tutti i livelli del corpo sociale visto che sono state impiegate da svariate istituzioni quali la famiglia, l'esercito, la scuola, la polizia, la medicina, l'amministrazione burocratica. Ma sono presenti anche e soprattutto a livello dei processi economici come tecniche di gerarchizzazione sociale, di dominazione ed egemonia. “L'adeguarsi dell'accumulazione degli uomini a quella del capitale, l'articolazione della crescita dei gruppi umani con l'espansione delle forze produttive e la ripartizione differenziale del profitto, sono stati resi possibili in parte dall'esercizio del bio-potere, nelle sue forme e con i suoi procedimenti svariati”[3], dall'investimento da parte del potere del corpo vivente, dalla sua valorizzazione e dalla gestione scientifica delle sue forze. Le precedenti società di sovranità invece avevano altri fini e funzioni: decidere della morte piuttosto che gestire le vita, prelevare piuttosto che organizzare la produzione. Con lo sviluppo del bio-potere il sistema giuridico della legge e della punizione viene pian piano sostituito per efficacia ed importanza dalla norma. Una società normalizzatrice, disciplinare, è l'effetto storico di una tecnologia del potere centrata sulla vita anziché sulla morte ed ha come tecnica ideale l'internamento. Ospedale, prigione, scuola, caserma, e quel che più conta, fabbrica, sono tutti ambienti di internamento in cui lo scopo principale è concentrare, ripartire nello spazio ed ordinare nel tempo, cioè estrarre dagli individui una forza produttiva maggiore ottimizzando al massimo spazio e tempo.

Proprio della tecnologia del potere nella società disciplinare e delle sue diverse istituzioni si è occupato a lungo Foucault, il quale però “è stato fra i primi a sostenere che le società disciplinari sono precisamente ciò da cui ci stiamo allontanando, che sono ciò che noi ormai non siamo più. Stiamo entrando in società di controllo che non funzionano più sul principio dell'internamento, bensì su quello del controllo continuo e della comunicazione istantanea”[4]. O meglio, si tratta di un modello diverso di società disciplinare, in cui la disciplina domina i corpi e le menti prevalentemente al di fuori dei luoghi d'internamento. Tutti i cittadini, in ogni momento della loro vita e in ogni luogo, sono inseriti in una rete di relazioni attraverso cui il potere si esercita continuamente, perché ogni individuo è di fatto portatore del potere e soggetto al potere. Questa nuova forma di potere non si incarna più nella forza, nella superiorità naturale, ma in ogni singolo individuo che collocato in una rete di relazioni o in uno spazio predeterminato esercita su sé stesso e sugli altri una forma di controllo sociale, di omologazione e normalizzazione; “così il potere centrale si rende invisibile ma è costantemente all'opera per assicurarsi dei servigi di ogni individuo che non può più sfuggire alle maglie della rete di cui è un semplice nodo e che a sua volta può svolgere una funzione di controllo su un altro”[5].

Il capitalismo del XVIII e XIX secolo è essenzialmente concentrazionario. Orientato alla proprietà e alla produzione, il suo motore è l'accumulo e la concentrazione tanto del capitale privato, quanto della produzione in luoghi d'internamento: le fabbriche. Al contrario dal XX secolo il capitalismo è diventato essenzialmente dispersivo, ha decentrato e delocalizzato la produzione nelle periferie del terzo mondo, la fabbrica è stata sostituita dall'impresa. Non è più un capitalismo orientato alla produzione ma al prodotto, cioè alla vendita e al mercato, ne consegue una nuova tecnologia di dominio: “il marketing è ora lo strumento del controllo sociale e forma la razza impudente dei nostri padroni. Il controllo è a breve termine e a rapida rotazione, ma anche continuo e illimitato, mentre la disciplina era di lunga durata, infinita e discontinua. L'uomo non è più l'uomo rinchiuso ma l'uomo indebitato”[6]. Gli internamenti sono stampi, calchi rigidi, mentre i controlli sono una modulazione, calchi adattabili che cambiano continuamente a seconda delle esigenze. Deleuze individua due poli caratteristici del rapporto massa-individuo nella società disciplinare: la firma che indica l'individuo, e il numero o matricola che indica la sua posizione in una massa. E' quindi un potere allo stesso tempo massificante e individualizzante, “nella società di controllo, viceversa, la cosa essenziale non è più né una firma né un numero, ma una cifra: la cifra è un lasciapassare, mentre le società disciplinari sono regolate da parole d'ordine”[7]. Il passaggio dalla società disciplinare alla società del controllo è lo stesso passaggio dalla repressione dell'individuo alla sua amministrazione.



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1 M. FOUCAULT, La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 123.
2 Cfr. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, Milano, Feltrinelli, 2005, p. 261:”La biopolitica, termine con il quale intendevo fare riferimento al modo con cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti alla pratica governamentale dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, longevità, razze. E' noto quale spazio crescente abbiano occupato questi problemi a partire dal XIX secolo e quali poste politiche ed economiche abbiano costituito sino a oggi”.
3 M. FOUCAULT, La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli, 2009, p. 125.
4 G. DELEUZE, Controllo e divenire, in Pourparler, Macerata, Quodlibet, 2000, p. 230.
5 S. BERNI, Soggetti al potere, Milano, Mimesis, 1998, p. 20.
6 G. DELEUZE, Poscritto sulle società di controllo, in Pourparler, Macerata, Quodlibet, 2000, p. 239.
7 Ivi, p. 237.