Freud
elabora una vera e propria teoria filogenetica della civiltà [1],
nei confronti della quale il complesso di Edipo rappresenterebbe la
rivisitazione ontogenetica. L’ipotesi è che ogni individuo, nei
suoi primi anni di vita, ripercorra le stesse tappe percorse dalla
specie umana nel passaggio dallo stato di natura alla civiltà,
perché, secondo Freud, “si deve supporre che ogni costrizione
interna, la quale si dimostri valida nel corso della sviluppo umano,
sia stata in origine, nella storia cioè dell'umanità, pressione
puramente esterna” [2].
Il
primo gruppo umano era costituito essenzialmente dal dominio di un
unico uomo sulla propria donna e sui propri figli. Poiché il despota
era il padre, i figli provavano emozioni ambivalenti e contrastanti
nei suoi confronti: da una parte l’odio verso colui che reprime e
limita la libertà di tutti per imporre la propria; dall’altra
l’affetto biologico, il desiderio di imitarlo, sostituirlo,
identificarsi con lui e la sua potenza. Ma ad un certo punto si
consuma il parricidio: spinti dall’odio per il tiranno e dal
desiderio di accoppiarsi con l’unica donna del gruppo, i figli
prendono il posto del padre, che però sopravvive divinizzato e
interiorizzato nel super-io al fine di conservare la coesione del
gruppo. Il padre è riuscito ad inculcare ai figli il suo principio
di realtà, di conseguenza “il progresso dal dominio da parte di
uno al dominio da parte di molti, implica una diffusione sociale del
piacere e fa sì che la repressione venga autoimposta nello stesso
gruppo dominante: tutti i suoi membri devono osservare i tabù se
vogliono conservare il potere. Ora la repressione permea la vita
degli stessi oppressori” [3].
Quel
che conta non è tanto se un'orda primordiale sia mai esistita
veramente, quanto che il paradigma (mitico, allegorico o storico che
sia) della nascita e dello sviluppo della civiltà (quindi del
principio di realtà, quindi del super-io) secondo Freud sia
essenzialmente quello di una famiglia governata dalla logica del
dominio. L'atteggiamento contraddittorio dei figli nei confronti del
despota, ribellione e allo stesso tempo identificazione e
sottomissione, lo ritroviamo nel passaggio dalla pubertà all'età
adulta nella famiglia borghese e in particolare in quella
autoritaria.
Reich,
riprendendo Freud, approfondisce l'analisi della funzione repressiva
della sessualità cui assolve la famiglia attraverso l'educazione
sessuofobica e istituzioni come il matrimonio monogamico. La
famiglia, attraverso la figura del padre, è la più efficace
istituzioni a compiere l'interiorizzazione del comando e
dell'autorità sociale. E' il padre inibitore a imporre con la forza
le prime relazioni comunitarie, sono le sue proibizioni a creare
l'identificazione tra i figli, l'amore a meta inibita e la
sublimazione [4].
Insomma la rimozione sessuale non coincide con la nascita della
civiltà in generale ma con la nascita del patriarcato autoritario.
Il padre autoritario è il rappresentante di una specifica
organizzazione sociale: lo stato autoritario; si può quindi
considerare la famiglia “come una cellula reazionaria, come il
luogo più importante per la riproduzione dell'uomo reazionario e
conservatore” [5].
A differenza di quanto teorizzato da Freud, per il quale il super-io
è l'erede del complesso edipico, quindi di un processo
intrafamiliare solo successivamente integrato da componenti sociali,
per Reich e Fromm condizionamento paterno e condizionamento sociale
sono inscindibili e interattivi, si sostengono e rafforzano a
vicenda. Da una parte l'autorità del padre è veicolo e strumento
all'interno della famiglia delle autorità sociali, dall'altra queste
ultime sono investite come proiezione della figura paterna. La
funzione repressiva svolta dalla famiglia risponde alle esigenze
dell'ordinamento sociale capitalistico in cui la classe al potere ha
l'interesse di imporre alle classi subalterne non solo il dominio
materiale ma anche quello ideologico.
L'uomo
educato e formato autoritariamente ha paura della propria sessualità
perché non ha mai imparato a viverla naturalmente e ad
autoregolarsi, non ha fiducia in se stesso non avendo sviluppato le
capacità e le conoscenze che permettono di assumersi le proprie
responsabilità e scelte. Insomma la repressione sessuale produce una
irresponsabilizzazione e meccanizzazione delle masse, che a questo
punto sentono il bisogno di essere dirette e guidate, “ci troviamo
di fronte a una struttura umana che si è sviluppata nel corso di
millenni di civilizzazione meccanicistica e che si è espressa
nell'impotenza sociale e nel desiderio di avere una guida” [6].
L'ideologia sessuofobica favorisce la formazione di una corazza
caratteriale [7] che rende passivi, acritici e disposti alla sottomissione o
all'adattamento al ruolo che si riveste nella vita sociale. L'uomo
fondamentalmente represso è un uomo fondamentalmente reazionario.
Inoltre
se anche le condizioni economiche, sociali e politiche, da cui
ugualmente dipende il processo di individuazione, non permettono la
piena realizzazione della libertà del soggetto, la disposizione alla
sottomissione non può che trasformarsi in un vero desiderio, per
sfuggire all'insicurezza. Si innescano quelli che Fromm chiama
meccanismi di fuga
dalla libertà [8].
Caratteristica fondamentale è la rinuncia all'indipendenza del
proprio essere individuale che viene dissolto nella rassicurante
fusione con qualcuno (il capo) o qualcosa (la massa) al di fuori del
proprio essere, che proprio in virtù di questa identificazione
finisce per sostituire il sé individuale. Il soggetto perde
l'integrità della sua individualità, il dubbio e la libertà, ma
conquista nuova forza e nuova sicurezza immergendosi nel potere, fino
al punto che anche “il significato della sua vita e l'identità del
suo io sono determinati dalla più ampia entità in cui l'io si è
sommerso” [9].
Tendenze masochistiche e sadiche sono presenti in varie forme e gradi
anche nell'individuo sano ed esprimono nel modo più esplicito questo
desiderio di sottomissione e di dominio, in quanto verso l'alto si è
sottomessi e guidati ma verso il basso si è potenti e protetti.
Freud definisce la massa come una regressione ad un'attività
psichica primitiva del tutto analoga a quella dell'orda primordiale [10]:
scomparsa della personalità singola cosciente, orientarsi di
pensieri e sentimenti nelle medesime direzioni, necessità
strutturale di un capo che sollevi la massa dall'angoscia del dubbio
e dalla responsabilità della libertà. Sempre secondo Freud,
qualsiasi massa, compresa quella alla base della democrazia moderna,
consciamente o inconsciamente “vuole essere dominata e oppressa e
temere il proprio padrone. Fondamentalmente conservatrice in senso
assoluto, ha una profonda ripugnanza per tutte le novità e tutti i
progressi e un rispetto illimitato per la tradizione” [11].
Il
valore ideale e materiale che può fare di una moltitudine una unità,
il suo minimo comune denominatore, è la figura del capo. Gli
individui possono identificarsi l'uno con l'altro solo attraverso la
comune identificazione in un terzo elemento: il capo che è in grado
di incarnare l'ideale
collettivo dell'io [12].;
è lui l'istanza esterna che assume alcune delle più importanti
funzioni dell'io e del super-io come la responsabilità, la coscienza
morale e l'ideale
dell'io. Perché
possa nascere questo legame con il capo esso deve saper incarnare i
sentimenti e i valori della massa e deve saper destare, o meglio
deviare su di sé, gli stessi sentimenti familiari provati verso il
padre autoritario. Nella massa, come nell'orda primordiale, è sempre
“il padre primigenio l'ideale della massa che domina l'io invece
dell'idea di io” [13].
Quanto più l'individuo in seguito alla sua educazione repressiva si
sente impotente e frustrato, tanto più sente il bisogno di
identificarsi con il capo, di sentirsi un tutt'uno con lui per far
parte della sua potenza.
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1
Cfr. S. FREUD, Totem e tabù, Milano, Mondadori, 1997, p. 174
2
S. FREUD, Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, in
Il disagio della civiltà e altri saggi, Torino, Bollati
Boringhieri, 2008, p. 42.
3
H. MARCUSE Eros e civiltà, Torino, Einaudi, 2001, p. 104.
4
Cfr. Ivi, p. 116.
5
W. REICH, Psicologia di massa del fascismo, Torino, Einaudi,
2009 p. 111.
6
Ivi, p. 227
7
Cfr. W. REICH, Analisi del carattere, Milano, Sugarco, 1994
8
Cfr, E. FROMM, Fuga dalla libertà, Milano, Mondadori, 1994
9
Ivi, p. 127.
10
Cfr. S. FREUD, Psicologia delle masse e analisi dell'io, in
Il disagio della civiltà e altri saggi, Torino, Bollati
Boringhieri, 2008, p. 120: “La massa ci appare quindi come una
reincarnazione dell'orda originaria. Come in ogni singolo è
virtualmente contenuto l'uomo primigenio, così a partire da una
raggruppamento umano qualsivoglia può ricostituirsi l'orda
primigenia”.
11
Ivi, p. 74.
12
Cfr. H. MARCUSE, L'obsolescenza della psicoanalisi, in
Psicoanalisi e politica, Roma, Manifestolibri, 2006, p. 92
13
Ivi, p. 125.
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