mercoledì 20 febbraio 2013

Tecnologie del potere: Massa e autoritarismo







Freud elabora una vera e propria teoria filogenetica della civiltà [1], nei confronti della quale il complesso di Edipo rappresenterebbe la rivisitazione ontogenetica. L’ipotesi è che ogni individuo, nei suoi primi anni di vita, ripercorra le stesse tappe percorse dalla specie umana nel passaggio dallo stato di natura alla civiltà, perché, secondo Freud, “si deve supporre che ogni costrizione interna, la quale si dimostri valida nel corso della sviluppo umano, sia stata in origine, nella storia cioè dell'umanità, pressione puramente esterna” [2].

Il primo gruppo umano era costituito essenzialmente dal dominio di un unico uomo sulla propria donna e sui propri figli. Poiché il despota era il padre, i figli provavano emozioni ambivalenti e contrastanti nei suoi confronti: da una parte l’odio verso colui che reprime e limita la libertà di tutti per imporre la propria; dall’altra l’affetto biologico, il desiderio di imitarlo, sostituirlo, identificarsi con lui e la sua potenza. Ma ad un certo punto si consuma il parricidio: spinti dall’odio per il tiranno e dal desiderio di accoppiarsi con l’unica donna del gruppo, i figli prendono il posto del padre, che però sopravvive divinizzato e interiorizzato nel super-io al fine di conservare la coesione del gruppo. Il padre è riuscito ad inculcare ai figli il suo principio di realtà, di conseguenza “il progresso dal dominio da parte di uno al dominio da parte di molti, implica una diffusione sociale del piacere e fa sì che la repressione venga autoimposta nello stesso gruppo dominante: tutti i suoi membri devono osservare i tabù se vogliono conservare il potere. Ora la repressione permea la vita degli stessi oppressori” [3].

Quel che conta non è tanto se un'orda primordiale sia mai esistita veramente, quanto che il paradigma (mitico, allegorico o storico che sia) della nascita e dello sviluppo della civiltà (quindi del principio di realtà, quindi del super-io) secondo Freud sia essenzialmente quello di una famiglia governata dalla logica del dominio. L'atteggiamento contraddittorio dei figli nei confronti del despota, ribellione e allo stesso tempo identificazione e sottomissione, lo ritroviamo nel passaggio dalla pubertà all'età adulta nella famiglia borghese e in particolare in quella autoritaria.

Reich, riprendendo Freud, approfondisce l'analisi della funzione repressiva della sessualità cui assolve la famiglia attraverso l'educazione sessuofobica e istituzioni come il matrimonio monogamico. La famiglia, attraverso la figura del padre, è la più efficace istituzioni a compiere l'interiorizzazione del comando e dell'autorità sociale. E' il padre inibitore a imporre con la forza le prime relazioni comunitarie, sono le sue proibizioni a creare l'identificazione tra i figli, l'amore a meta inibita e la sublimazione [4]. Insomma la rimozione sessuale non coincide con la nascita della civiltà in generale ma con la nascita del patriarcato autoritario. Il padre autoritario è il rappresentante di una specifica organizzazione sociale: lo stato autoritario; si può quindi considerare la famiglia “come una cellula reazionaria, come il luogo più importante per la riproduzione dell'uomo reazionario e conservatore” [5]. A differenza di quanto teorizzato da Freud, per il quale il super-io è l'erede del complesso edipico, quindi di un processo intrafamiliare solo successivamente integrato da componenti sociali, per Reich e Fromm condizionamento paterno e condizionamento sociale sono inscindibili e interattivi, si sostengono e rafforzano a vicenda. Da una parte l'autorità del padre è veicolo e strumento all'interno della famiglia delle autorità sociali, dall'altra queste ultime sono investite come proiezione della figura paterna. La funzione repressiva svolta dalla famiglia risponde alle esigenze dell'ordinamento sociale capitalistico in cui la classe al potere ha l'interesse di imporre alle classi subalterne non solo il dominio materiale ma anche quello ideologico.

L'uomo educato e formato autoritariamente ha paura della propria sessualità perché non ha mai imparato a viverla naturalmente e ad autoregolarsi, non ha fiducia in se stesso non avendo sviluppato le capacità e le conoscenze che permettono di assumersi le proprie responsabilità e scelte. Insomma la repressione sessuale produce una irresponsabilizzazione e meccanizzazione delle masse, che a questo punto sentono il bisogno di essere dirette e guidate, “ci troviamo di fronte a una struttura umana che si è sviluppata nel corso di millenni di civilizzazione meccanicistica e che si è espressa nell'impotenza sociale e nel desiderio di avere una guida” [6]. L'ideologia sessuofobica favorisce la formazione di una corazza caratteriale [7] che rende passivi, acritici e disposti alla sottomissione o all'adattamento al ruolo che si riveste nella vita sociale. L'uomo fondamentalmente represso è un uomo fondamentalmente reazionario.

Inoltre se anche le condizioni economiche, sociali e politiche, da cui ugualmente dipende il processo di individuazione, non permettono la piena realizzazione della libertà del soggetto, la disposizione alla sottomissione non può che trasformarsi in un vero desiderio, per sfuggire all'insicurezza. Si innescano quelli che Fromm chiama meccanismi di fuga dalla libertà [8]. Caratteristica fondamentale è la rinuncia all'indipendenza del proprio essere individuale che viene dissolto nella rassicurante fusione con qualcuno (il capo) o qualcosa (la massa) al di fuori del proprio essere, che proprio in virtù di questa identificazione finisce per sostituire il sé individuale. Il soggetto perde l'integrità della sua individualità, il dubbio e la libertà, ma conquista nuova forza e nuova sicurezza immergendosi nel potere, fino al punto che anche “il significato della sua vita e l'identità del suo io sono determinati dalla più ampia entità in cui l'io si è sommerso” [9]. Tendenze masochistiche e sadiche sono presenti in varie forme e gradi anche nell'individuo sano ed esprimono nel modo più esplicito questo desiderio di sottomissione e di dominio, in quanto verso l'alto si è sottomessi e guidati ma verso il basso si è potenti e protetti. Freud definisce la massa come una regressione ad un'attività psichica primitiva del tutto analoga a quella dell'orda primordiale [10]: scomparsa della personalità singola cosciente, orientarsi di pensieri e sentimenti nelle medesime direzioni, necessità strutturale di un capo che sollevi la massa dall'angoscia del dubbio e dalla responsabilità della libertà. Sempre secondo Freud, qualsiasi massa, compresa quella alla base della democrazia moderna, consciamente o inconsciamente “vuole essere dominata e oppressa e temere il proprio padrone. Fondamentalmente conservatrice in senso assoluto, ha una profonda ripugnanza per tutte le novità e tutti i progressi e un rispetto illimitato per la tradizione” [11].

Il valore ideale e materiale che può fare di una moltitudine una unità, il suo minimo comune denominatore, è la figura del capo. Gli individui possono identificarsi l'uno con l'altro solo attraverso la comune identificazione in un terzo elemento: il capo che è in grado di incarnare l'ideale collettivo dell'io [12].; è lui l'istanza esterna che assume alcune delle più importanti funzioni dell'io e del super-io come la responsabilità, la coscienza morale e l'ideale dell'io. Perché possa nascere questo legame con il capo esso deve saper incarnare i sentimenti e i valori della massa e deve saper destare, o meglio deviare su di sé, gli stessi sentimenti familiari provati verso il padre autoritario. Nella massa, come nell'orda primordiale, è sempre “il padre primigenio l'ideale della massa che domina l'io invece dell'idea di io” [13]. Quanto più l'individuo in seguito alla sua educazione repressiva si sente impotente e frustrato, tanto più sente il bisogno di identificarsi con il capo, di sentirsi un tutt'uno con lui per far parte della sua potenza.

-----------------------------------------------

1 Cfr. S. FREUD, Totem e tabù, Milano, Mondadori, 1997, p. 174
2 S. FREUD, Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, in Il disagio della civiltà e altri saggi, Torino, Bollati Boringhieri, 2008, p. 42.
3 H. MARCUSE Eros e civiltà, Torino, Einaudi, 2001, p. 104.
4 Cfr. Ivi, p. 116.
5 W. REICH, Psicologia di massa del fascismo, Torino, Einaudi, 2009 p. 111.
6 Ivi, p. 227
7 Cfr. W. REICH, Analisi del carattere, Milano, Sugarco, 1994
8 Cfr, E. FROMM, Fuga dalla libertà, Milano, Mondadori, 1994
9 Ivi, p. 127.
10 Cfr. S. FREUD, Psicologia delle masse e analisi dell'io, in Il disagio della civiltà e altri saggi, Torino, Bollati Boringhieri, 2008, p. 120: “La massa ci appare quindi come una reincarnazione dell'orda originaria. Come in ogni singolo è virtualmente contenuto l'uomo primigenio, così a partire da una raggruppamento umano qualsivoglia può ricostituirsi l'orda primigenia”.
11 Ivi, p. 74.
12 Cfr. H. MARCUSE, L'obsolescenza della psicoanalisi, in Psicoanalisi e politica, Roma, Manifestolibri, 2006, p. 92
13 Ivi, p. 125.

Nessun commento:

Posta un commento