domenica 9 dicembre 2012

Deleuze, Spinoza. 1





Chi, quando?
Gilles Deleuze è un filosofo (1925-1995). Baruch Spinoza è stato anche lui un filosofo, ma è vissuto qualche secolo prima (1632-1677).

Spinoza maledetto
Nel 1656 Spinoza viene scomunicato dalla comunità ebraica di Amsterdam di cui fa parte:

“Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Spinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l'assenso di tutta la sacra comunità [...]. Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell'uscire e maledetto nell'entrare. Possa il Signore mai piú perdonarlo; possano l'ira e la collera del Signore ardere, d'ora innanzi, quest'uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo, per la sua malvagità, da tutte le tribú d'Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge [...]. Siete tutti ammoniti, che d'ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, né dormire sotto il suo stesso tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti [circa due metri], e nessuno leggere alcunché dettato da lui o scritto di suo pugno”.

Per evitare la scomunica avrebbe potuto pentirsi, ma preferì scrivere una Apologia per giustificarsi del suo abbandono della Sinagoga. Scrive Deleuze nel suo libro Spinoza: Filosofia Pratica:

“Per lui la vita divenne difficile ad Amsterdam. Forse in seguito al tentato assassinio da parte di un fanatico, egli si reca a Leyda, per proseguire i suoi studi filosofici, e si installa nella periferia a Rijnsburg. Si racconta che Spinoza conservasse il suo mantello strappato da un colpo di pugnale, per ricordarsi meglio che il pensiero non era mai stato amato dagli uomini; se a volte capita che un filosofo finisca sotto processo, è più raro che cominci con una scomunica e un tentato omicidio.”

Deleuze e Spinoza
Deleuze scrive dei libri e tiene dei corsi su Spinoza. Spinoziani, correggerebbe lui (“è Spinoza stesso che parla attraverso le mie labbra”). Un corso del 1980 è stato trascritto e pubblicato (Cosa può un corpo? Lezioni su Spinoza, Ombre Corte, 2007; molti corsi di Deleuze sono disponibili qui): sono dieci lezioni, ognuna delle quali vale da sola più di un corso di quelli cui sono abituato io all'università. Si sente un pensatore rigoroso, appassionato illustrare con una chiarezza fuori dal comune ciò che un altro filosofo ha scritto, e in ogni istante farlo con una intensità che testimonia di cosa sia 'pensare' per Deleuze: una questione di vita o di morte, di libertà o di schiavitù, di potenza o impotenza, spinozianamente.
E' bene chiedersi 'perché dovrebbe interessarmi?' di qualsiasi discorso. Il vero e proprio lavoro speculativo che Deleuze compie con Spinoza (nei saggi e nelle lezioni) non smette mai di rispondere esaurientemente a questa domanda. Qui voglio solo indicare qualche punto. Premetto una volta per tutte che spendereste molto meglio il vostro tempo leggendo direttamente Spinoza o Deleuze.

Lettera di Nietzsche a Franz Overbeck (1881)
“Quasi non conoscevo Spinoza: aver provato proprio ora il desiderio di leggerlo è stata una “azione dettata dall'istinto”. Non solo la sua tendenza complessiva è uguale alla mia – quella cioè di fare della conoscenza l'affetto più possente – ma in cinque punti capitali della sua dottrina io ritrovo me stesso, questo pensatore anormalissimo e solitarissimo è quello che mi è più vicino proprio in queste cose: egli nega la libertà della volontà -; i fini-; l'ordinamento morale del mondo -; l'altruismo -; il male -; sebbene, certamente, anche le differenze siano enormi, queste tuttavia sono dovute più alla diversità di epoca, cultura, scienza”.

Il libro dell'Etica
Il libro più importante di Spinoza si intitola Etica. E' diviso in cinque parti, le prime due trattano di dio e della mente, le tre rimanenti degli affetti (moti dell'animo), della schiavitù e della libertà dell'uomo.
La scelta stilistica purtroppo rende difficoltosa la lettura, almeno in un primo momento. L'esposizione è strutturata per definizioni, assiomi e proposizioni numerate, dimostrazioni e scolii (note alle proposizioni). E' il cosiddetto 'metodo geometrico'.

Cosa non è l'Etica
L'Etica non è la Morale. Non propone una valutazione dell'essere in base a valori. “Dal punto di vista di una ontologia, una morale non è possibile. Perché? Perché la morale implica che ci sia sempre qualcosa di superiore all'Essere, ad esempio l'Uno o il Bene. (…) In una morale è in questione la nostra essenza. Che cos'è l''essenza'? “Realizzare l'essenza”, di questo si occupa la morale. Va da sé che l'essenza non è allora pienamente realizzata. Pur non facendolo in modo evidente, essa parla e dà ordini in nome di quell'istanza superiore..” La morale definisce una essenza come un valore da ricercare. Ad esempio: l'essenza dell'uomo è essere animale razionale. “La morale è un sistema del giudizio, anzi un diplice giudizio: è giudicare ed essere giudicati. A chi piace la morale, piace anche giudicare.” (dalla seconda lezione)

Immanenza e Sostanza
Nell'ontologia di Spinoza, non ci sono istanze superiori all'essere. Non c'è qualcosa di più reale e qualcosa di meno reale. Non ci sono apparenze contrapposte ad essenze. L'essere è un piano di immanenza. Ogni cosa, ente, è un modo di essere, una modificazione della sostanza.
La sostanza, che Spinoza chiama anche Dio (ma che non ha più niente a che vedere con qualsivoglia divinità), è questo infinito essere che non ha niente fuori di sé che lo crei, nè in base al quale possa essere compreso (il rapporto causale nell'estensione corrisponde sempre a un rapporto esplicativo nel pensiero, questa è una cosa da tenere sempre a mente).
Il Pensiero e l'Estensione sono due attributi della sostanza, gli unici che noi concepiamo, anche se essa essendo infinita ne ha di infiniti. Un attributo è infinito, cioè non è limitato da un altro attributo: un corpo non limita un pensiero e viceversa. I modi sono invece delle modificazioni di un attributo, e sono finiti: un corpo è un modo dell'estensione, e un corpo ne limita un altro. I modi si possono chiamare anche affezioni della sostanza.

Quale Dio?
La stupefacente posizione panteista, a ben guardare, non è altro che una logica conseguenza di una premessa monoteista. Dio è un essere infinito, supremo e perfetto? Se è infinito non può creare qualcosa fuori di sé. Se è perfetto non può avere un fine, un progetto da realizzare, non gli manca nulla. Per non parlare poi di un Dio che si arrabbia, che punisce, che fa miracoli infrangendo le leggi naturali che egli stesso ha stabilito. Dunque, Dio non può essere che la natura tutta, cioè la sostanza infinita. Non più una causa 'transitiva' (causa di qualcosa fuori di esso), ma causa di sé, causa immanente.

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