giovedì 20 dicembre 2012

Tecnologie del potere: Identificare il molteplice





La colonizzazione dell'inconscio da parte dell'io, l'affermazione del principio di realtà sul principio di piacere, la traduzione del desiderio in discorso, la trasformazione della macchina desiderante in macchina teatrale, l'edipizzazione dell'anedipico, la riterritorializzazione nevrotica e paranoica della deterritorializzazione schizofrenica; tutti questi processi non sono in definitiva che un'unica tecnologia di potere, un unico meccanismo: la riduzione del molteplice ad unità.

L'essenza del potere e di tutta la civiltà occidentale guidata da una razionalità fondata sulla logica del dominio è ridurre il differente all'identico. La razionalità stessa implica un'istanza di dominio dal momento che il particolare viene considerato sempre e solo come caso dell'universale [1]. Un equivalente astratto identifica quello che originariamente si mostra come eterogeneo [2], muove guerra nei confronti di tutto ciò che non si lascia identificare [3] ponendolo al di fuori del reale o manipolandolo per poterlo assorbire: “la ragione, come pensiero astratto e come condotta, è necessariamente impero, dominio. Il logos è legge, precetto, ordine per virtù di conoscenza” [4]. La ragione è guidata da un a-priori tecnologico: accorda dall'esterno universale e particolare, concetto e caso particolare, al solo fine di trasformare l'esistente in suo oggetto e così facendo in materiale di sfruttamento. L'uomo si astrae dalla natura per poterla afferrare e manipolare [5]. Nella trasformazione dell'ambiente esterno per la propria sopravvivenza, l'uomo si pone come soggetto (dominante) contro un oggetto (dominato) e l'essere viene ridotto alla sua amministrazione e manipolazione, la natura esterna (ma successivamente anche quella interna all'uomo) viene squalificata a oggetto da aggredire. E' una concezione della natura che compare significativamente anche nella Genesi [6], là dove Dio affida la terra all'uomo per soggiogarla e dominarla [7]; solo che ormai lo spirito organizzatore e dominatore dell'uomo ha preso il posto anche di quel Dio creatore.

La società industriale avanzata è l'ultimo stadio di questo processo storico che ha sempre considerato la natura come potenziale strumento, oggetto di controllo e dominio [8]. La scienza naturale e la tecnologia sono sì caratterizzate dalla neutralità e dall'oggettività con cui trattano la materia, ma è precisamente il loro “carattere neutrale che rapporta l'oggettività ad uno specifico soggetto storico, cioè alla coscienza che prevale nella società dalla quale e per la quale la neutralità è stabilita” [9]. La neutralità è l'ideologia sotto cui si nasconde, nella società tecnica capitalistica, il potere e la sua logica del dominio. L'a-priori tecnologico si rivela come a-priori politico dal momento che tutte le creazioni dell'uomo sono sociali e dal momento che la trasformazione della natura implica quella dell'uomo, anch'esso parte della natura, per quanto si illuda di potersene astrarre. La natura interna all'uomo è anch'essa campo di strategie di potere, viene oggettivata e normalizzata per poter essere conquistata. La strumentalizzazione delle cose, potenziale forza liberatrice dell'uomo, si rivela in realtà strumentalizzazione dell'uomo, e proprio “questa è la servitù allo stato puro: esistere come strumento, come cosa” [10].

Questo meccanismo per cui il dominio sulla natura implica necessariamente il distacco dalla natura e il dominio sull'uomo, è quello che Horkheimer e Adorno chiamano la dialettica dell'illuminismo (dove con illuminismo non si intende semplicemente il fenomeno storico ma tutto il razionalismo occidentale) e lo si può ricondurre alla figura paradigmatica di Ulisse. L'Odissea è una rappresentazione metaforico-narrativa della progressiva separazione dell'individuo dalla natura al fine di dominarla attraverso il sacrificio e la rinuncia al piacere, ogni volta che questo sia di ostacolo al dominio di sé. La natura, alle cui seduzioni deve sottrarsi, è incarnata nelle figure mitiche in cui di volta in volta s'imbatte, la più eloquente delle quali è quella delle sirene dal canto ammaliatore [11]. Le precauzioni che Odisseo adotta sulla nave al momento di passare davanti alle tentatrici stanno a indicare la diversa misura del sacrificio che, in una società segnata dalle diseguaglianze di classe, viene richiesto ai diversi suoi membri. Odisseo, che in quanto proprietario è esonerato dal lavoro, può concedersi il piacere dell'ascolto, ma si fa legare dai compagni all'albero della nave simbolo del dovere. I marinai, invece, cui spetta l'obbligo di un lavoro senza godimento, nemmeno il canto debbono udire, che li distoglierebbe dalla fatica, e dunque i loro sensi vanno violentemente repressi [12]. “E' ciò a cui la società ha provveduto da sempre. Freschi e concentrati, i lavoratori devono guardare in avanti, e lasciar stare tutto ciò che è a lato. L'impulso che li indurrebbe a deviare va sublimato – con rabbiosa amarezza – in ulteriore sforzo. Essi diventano pratici. L'altra possibilità è quella che sceglie Odisseo, il signore terriero, che fa lavorare gli altri per sé. Egli ode, ma impotente, legato all'albero della nave, e più la tentazione diventa forte, e più strettamente si fa legare, così come, più tardi, anche i borghesi si negheranno più tenacemente la felicità quanto più – crescendo la loro potenza – l'avranno a portata di mano” [13].

Tutta la storia dell'Occidente non è altro che la storia della razionalizzazione del corpo, del controllo sociale su di esso, del distacco della ragione da esso, dell'affermazione di un dualismo psicofisico [14]. Dall'ideazione platonica dell'idea e dell'anima [15] al dualismo cartesiano tra res extensa e res cogitans [16], dalla maledizione della carne della tradizione giudaico-cristiana alla medicina e alla tecnica, si tratta sempre di oggettivare contemporaneamente sia la natura che il proprio corpo, perché “ciò che è inferiore e asservito, viene ancora deriso e maltrattato, e insieme desiderato come ciò che è vietato, reificato, estraniato. Solo la civiltà conosce il corpo come qualcosa che si può possedere, solo in essa esso si è separato dallo spirito – quintessenza del potere e del comando – come oggetto, cosa morta, corpus. Con l'autodegradazione dell'uomo a corpus la natura si vendica perché l'uomo l'ha degradata a oggetto del dominio, a materia prima” [17].

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1 Cfr. T. ADORNO, Metacritica della teoria della conoscenza, Milano, Mimesis, 2004, p. 103: “La reificazione della logica, in quanto autoalienazione del pensiero, ha come equivalente e modello la reificazione di ciò a cui si riferisce il pensiero: dell'unità degli oggetti, i quali dinanzi al pensiero che su di essi lavora si sono talmente incorporati in unità che, prescindendo dal loro contenuto variante, si può trattenere la pura e semplice forma della loro unità. Tale astrazione rimane la premessa conforme al senso di ogni logica. Essa rimanda alla forma della merce la cui identità consiste nella equivalenza del valore di scambio”.
2 Cfr. F. NIETZSCHE, Frammenti postumi 1884-1885, fr. 40, Milano, Adelphi, 1975, p. 319: “La logica è legata a questa condizione: supporre che si diano casi identici”.
3 Cfr. F. NIETZSCHE, Frammenti postumi 1887-1888, fr. 9, Milando, Adelphi, 1971, p. 46: “A questo punto la logica e il principio di non contraddizione che la governa sono un imperativo non per conoscere il vero, ma per porre e ordinare un mondo che deve essere vero per noi. La logica è il tentativo di comprendere, o meglio di rendere per noi formulabile, calcolabile, secondo uno schema di essere da noi posto, il mondo reale”.
4 H. MARCUSE, L'uomo a una dimensione, Torino, Einaudi, 2004, p. 174.
5 Cfr, M. HEIDEGGER, Kant e il problema della metafisica, Bari, Laterza, 1981, p. 36: “Nel produrre la forma del concetto, l'intelletto contribuisce a rendere disponibile il contenuto dell'oggetto, in questo modo di porre si rivela la peculiarità del pro-porre rappresentativo proprio del pensiero”.
6 Cfr. U. GALIMBERTI, Il tramonto dell'Occidente, Milano, Feltrinelli, 2006, p. 294: “Il cosmo diventa mondo da dominare, da assoggettare. Non appartiene a se stesso, ma a Dio che l'ha evocato e all'uomo a cui è stato affidato. Il suo significato non è cosmologico, ma è antropo-teologico, subordinato cioè all'uomo che è fatto a immagine e somiglianza di Dio”.
7 Cfr. Genesi, 1,28: “Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmine li creò. Dio li benedisse e disse loro:”siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”.
8 Cfr. M. HEIDEGGER, L'abbandono, Genova, Il melangelo, 1983, p.34: “Il mondo appare come un oggetto, un oggetto a cui il pensiero calcolante sferra i suoi assalti, ai quali, si ritiene, nulla è più in grado di opporsi, mentre la natura si trasforma in un unico gigantesco serbatoio di energia al servizio dell'industria e della tecnica”.
9 H. MARCUSE, L'uomo a una dimensione, Torino, Einaudi, 2004, p. 164.
10 Ivi, p. 46.
11 Cfr. OMERO, Odissea, IX.
12 Cfr. G. FORNERO e S. TASSINARI, Le filosofie del Novecento, Milano, Mondadori, 2002, p. 557.
13 M. HORKHEIMER e T. ADORNO, Dialettica dell'illuminismo, Torino, Einaudi, 2005, p. 41.
14 Cfr. U. GALIMBERTI, Psichiatria e fenomenologia, Milano, Feltrinelli, 2006, p. 27.
15 Cfr. PLATONE, Fedone, 66 b-67 a., Milano, Rusconi, 1991: “Nel tempo in cui siamo in vita, come sembra, noi ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni con il corpo e comunione con esso, se non nella stretta misura in cui vi sia imprescindibile necessità, e non ci lasceremo contaminare dalla natura del corpo, ma dal corpo ci manterremo puri fino a che Iddio stesso non ci avrà sciolto da esso. E così, liberati dalla follia del corpo, come è verosimile, ci troveremo con esseri puri come noi e conosceremo, nella purezza della nostra anima, tutto ciò che è puro: questo io penso è la verità”.
16 Cfr. CARTESIO, Meditazioni metafisiche sulla filosofia prima, in Opere filosofiche, Bari, Laterza, 1986, p. 72: “E sebbene, forse, io abbia un corpo, al quale sono assai strettamente congiunto, tuttavia, poiché da un lato ho una chiara e distinta idea di me stesso, in quanto sono solamente una cosa pensante e inestesa, e da un altro lato ho un'idea distinta del corpo, in quanto esso è solamente una cosa estesa e non pensante, è certo che questo io, cioè la mia anima, per la quale sono ciò che sono, è interamente e veramente distinta dal mio corpo, e può essere o esistere senza di lui”.
17 M. HORKHEIMER e T. ADORNO, Interesse per il corpo, in Dialettica dell'illuminismo, Torino, Einaudi, 2005



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